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NdC AudioVisive e l’Algoritmo Leviatano

7 Gennaio 2023
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Perché mai la gente dovrebbe appassionarsi per le cose che non conosce?

György Ligeti

Natura delle Cose audiovisive e l’Algoritmo Leviatano [qui la versione in inglese]Sul "gesto" apotropaico si confronti J.N. Adams, Apotropaic and ritual obscenity, in The Latin Sexual Vocabulary, JHU Press, 1990.Sul “gesto apotropaico” si confronti J.N. Adams, Apotropaic and ritual obscenity, in The Latin Sexual Vocabulary, JHU Press, 1990.

<<Natura delle cose audio-visive. Un vino quotidiano schietto fatto di suoni, rumori, visioni, silenzi. Costellazione multimediale di saperi.>>

Questa la “tag-line” nello spirito umanistico di Bachelard quando pregava: “Dacci oggi il nostro libro quotidiano.

Pars destruens

Non serve essere chissà che scienziati della comunicazione per accorgersi che non siamo noi ad usare l’algoritmo di Facebook ma è l’Algoritmo che abusa di noi. È un Leviatano che ci cannibalizza, che si nutre giorno dopo giorno della nostra identità virtuale, inasprendo al massimo il peggio di noi: narcisismo, malevolenza, frustrazione, risentimento, ostilità, ignoranza, megalomania, autocelebrazione, intolleranza, esibizionismo…

Noi però – tanto i consapevoli quanto gli sprovveduti – non siamo che patetici, insignificanti numerini vomitati nella trappola per sorci dei “Big Data”. Ridiamo ormai tutti in massa degli stessi “meme”. Commentiamo tutti gli stessissimi eventi del momento polarizzati tra i pro o i contro. Condividiamo in molti l’identica rabbia, gioia o dolore per i necrologi del giorno. Ci scandalizziamo e siamo altruisti a comando. Ci odiamo e veneriamo in troppi l’un l’altro a colpi di “flame”, “like”, “selfie” con le labbra a culo di struzzo sullo “specchio delle mie brame” delle nostre bacheche spettrali.

L’algoritmo non lo fotti perché è stato creato per fotterci. Forse, senza risultare troppo paranoici o pomposi, se ne può fare un uso meno tossico di Facebook e dei social in generale. Autocommiserarsi e lagnarsi soltanto serve a poco. Bisogna trovare una soluzione concreta, una via di fuga almeno per noi stessi, per quanto improbabile o inefficace possa sembrarci sulla breve durata ma chissà che non sia una soluzione decisiva se prospettata a lungo termine. Raccogliere ciò che è disperso nella melma di Internet per ridargli rispettabilità educativa e beneficio di conoscenza. Visto poi il fallimento collettivo dell’istituzione scolastica e dell’insegnamento ufficiale sotto tanti punti di vista – dalle scuole dell’infanzia all’università -, adattarsi ad una radicale forma di concentrazione monastica e propensione all’autodidattica mi pare un buon metodo per affinare il proprio giudizio critico, per praticare la giusta disciplina marziale di ricerca interiore in “smart-working“.

Educarsi a conoscere ogni giorno qualcosa di nuovo è forse il solo modo per non farsi narcotizzare i sensi dalla distrazione collettiva generale diramata e perpetrata dal Sistema.

Pars construens

Tutto è stato fatto, e niente è stato fatto; per cui tutto è da fare, e non c’è niente che non si possa fare.” Emilio Villa

La Rete può essere tanto uno strumento di distrazione di massa quanto un collettore di stimoli sensoriali, di propulsioni conoscitive (sviluppo gnoseologico). Un atlante fluido di saperi vastissimi e incessanti che però bisogna imparare a leggere proprio come si leggono le mappe geografiche. Se non siamo in grado di orientarci in modo attivo la Rete è un abisso di informazioni dispersive, inefficaci al nostro accrescimento personale, si trasforma in un’accozzaglia di impulsi multiformi sterili che subiamo passivamente. Rischia cioè di diventare un deserto mobile sconfinato di granelli spazzati dal vento. Un vortice di puntini sovrapposti che dobbiamo sempre essere in grado di unire tra loro per dargli un senso progettuale, per cercare di non perdere l’orientamento. Per evitare infine che il nostro complesso schema di pensiero sia sottomesso e polarizzato dallo schema binario della Macchina che tende a appiattire/banalizzare qualsiasi cosa sul suo cammino. Allenare tutti i giorni i sensi della vista e dell’udito è Yoga per la mente, cibo e vino per lo spirito. Questo cortocircuito perenne di informazioni raccolte online o dai libri, dalle bibliografie delle arti visive, dalle discografie e dalle filmografie, diventa una pratica artigianale di risveglio della coscienza che stimola il nostro intelletto, focalizzandoci sempre più a comprendere noi stessi e gli altri. Più impariamo a leggere, interpretare, criticare, vedere ed ascoltare il mondo, meno ci facciamo infinocchiare dal brutto, dal falso, dall’Intelligenza Artificiale, dal vuoto culturale dentro cui sprofondiamo. Più siamo concentrati sull’accrescimento interiore di noi stessi e sul nostro sviluppo intellettuale meglio possiamo contrastare l’intorpidimento forzato del cervello calcolato millimetricamente a tavolino da algoritmi e big-data. Avversare con tutte le nostre forze l’omologazione del nostro senso estetico. Combattere a sangue l’abbrutimento, l’imbambolamento veicolato della nostra soggettività sia virtuale che reale la quale, se abbandonata a se stessa, manipolata dai flussi dell’Algoritmo, diventa sempre più un’identità passiva plasmata a misura di un sorcetto da laboratorio

Giuseppe Viviani, Eyes, litografia, 1961
Giuseppe Viviani, Eyes, litografia, 1961

Con l’esercizio concentrato, lento ma costante di scoperta ostinata su Internet, “costringiamo” la Rete a trasformarsi, a spalancarsi pian piano in una magnifica avventura della conoscenza dove oltre i soliti siti di ricerca e piattaforme enciclopediche-universali  (Google, Wikipedia, YouTube… soprattutto se si masticano inglese, francese e altre lingue), si scoprono blog raffinatissimi, si rivelano come tesori dei siti di approfondimento specialistici incredibilmente competenti sul cinema, la musica, l’arte, la letteratura, lo yoga, gli scacchi, la viticoltura e su qualsiasi altro argomento o disciplina a cui vogliamo dedicare le nostre osservazioni, documentazioni, analisi circoscritte.

Attenzione, non si tratta di erudizione fine a se stessa, ma di furiosa smania conoscitiva. Imparare da sé a decifrare i segni visivi e sonori da cui siamo letteralmente inondati significa imparare a stare al mondo. Si tratta cioè di appagare il desiderio di conoscere le cose, di colmare dei vuoti affettivi come un gesto riempitivo d’amore e cura per se stessi. Perdenti agli occhi delle masse di gente abituate a giudizi e pregiudizi superficiali, ma vincenti nel rispetto che portiamo verso il Sapere e verso noi stessi.

«I perdenti, come gli autodidatti,
hanno sempre conoscenze più vaste
dei vincenti, se vuoi vincere devi sapere
una cosa sola e non perdere tempo a
saperle tutte, il piacere dell’erudizione è
riservato ai perdenti. Più cose uno sa,
più le cose non gli sono andate per il verso giusto».

– Umberto Eco –

Orientarsi nel caos enciclopedico del Web non è uno scherzo, è un’impresa sfiancante. Anche perché è un’essenza eterea, “liquida”, è la sua natura di interconnessione informatica. I contenuti, i dati che ci interessano sono già tutti lì stratificati uno sull’altro in un flusso infinito di codici, input e output. Come esploratori del sapere audiovisivo dobbiamo necessariamente distinguere e riconoscere le informazioni utili da quelle superflue, setacciare di continuo in questa bolgia melmosa di parolesuoniimmagini per separare l’oro dal fango. Le competenze – tanto teoriche che pratiche – si acquisiscono nel tempo a furia di curiosità, studio, ricerche, approfondimenti, comparazioni, tenacia.

Man Pulling Face, detail of Satirical Diptych by an anonymous Flemish artist, circa 1520
Man Pulling Face, detail of Satirical Diptych by an anonymous Flemish artist, circa 1520

È necessario difendersi mani e piedi perché il rischio è quello di venire inghiottiti dal Sistema, spolpati dell’anima mentre il guscio del corpo viene sputato via lontano su un cumulo gigantesco formato da milioni di altri gusci sputati. Sì perché il rischio che si corre è quello di essere pian piano tramutati in tante entità piatte, in fruitori robotici sterilizzati della volontà di sapere, quindi di pensare con la propria testa e di agire, volontà che identifica la nostra specie, caratterizza la nostra sola dignità umana di esseri pensanti e in qualche modo liberi. È indispensabile soprattutto aver fame, essere affamati di una curiosità onnivora sulla scia del Calvino saggista, il Calvino collezionista di sabbia e ricercatore dei mondi scritti e mondi non scritti.

Spremendo informazioni e connessioni dalla Rete e dai libri, provo a plasmare un palinsesto di contenuti culturali concatenati. Insisterò a diffondere cortocircuiti psichici sulla mia pagina Natura delle Cose. Questo palinsesto lo voglio concepire come una costellazione multimediale di espressioni creative attinenti alla ricerca artistica, dal microcosmo dell’immagine (pittura fotografia cinema), alle sperimentazioni nell’universo sonoro, fino ai margini estremi dell’afasia, dell’incomunicabile, del caos primordiale, della disarmonia, del balbettamento filosofico. Lo immagino come una mappatura fluida delle esperienze dei linguaggi musicali/visivi che hanno lievitato e prolificato negli ultimi cento anni, diciamo più o meno a partire dalle avanguardie storiche nei primi decenni del ‘900. È un quaderno d’appunti in divenire dove sollecito la stimolazione continua ai nostri organi della vista e dell’udito. È un diario di bordo dove io per primo imparo qualcosa ogni giorno assieme a chi abbia la voglia e la curiosità di leggere la correlazione dei geni creativi che hanno udito altre possibilità di linguaggio, che hanno intra-visto altri mondi possibili. Lo scopo che mi prefiggo non è ovviamente esaustivo e non pretende di essere compilatorio/sterile ma è un abbozzo di associazioni d’idee vive, congregazioni di pensieri scaturiti da libri, articoli, siti internet, concerti, musei, film. Traccio un percorso tra migliaia di altri percorsi potenziali. Instillo le mie scintille di curiosità e di correlativi oggettivi come li definiva T.S. Elliot in Il bosco sacro. Saggi sulla poesia e sulla critica.

Una serie di oggetti, una situazione, una catena di eventi pronta a trasformarsi nella formula di un’emozione particolare.

Distillo le mie passioni, credenze e cognizioni nel calderone interconnesso, con la fiducia certo un po’ naïf di accendere il fuoco della conoscenza – analogica e digitale – anche in altri individui che cercano, leggono, scrivono sia sulla carta che online.

Imparare facendo è l’antico adagio risuonato per secoli nelle botteghe degli artigiani dove il sapere manuale, le cognizioni tecniche, le abilità pratiche si trasmettevano per generazioni dai maestri agli allievi. È un monito che trovo sempre valido e che faccio mio, nonostante l’estinzione di tanto mondo artigianale indotto anche soprattutto dalla tecnologia informatica che ha stravolto per sempre la faccia del pianeta la quale tuttavia permette a me e a milioni di altri di pubblicare e comunicare le proprie cose, interessanti o noiose, stimolanti o insignificanti sta a chi legge deciderlo.

A qualcuno potrà sembrare una perdita di tempo quella di connettere mondi artistici, raccogliere e riordinare visioni del mondo in Rete per stimolare la ricerca dei lettori. Potrà sembrare in effetti uno sforzo illusorio come quello di contare i granelli di sabbia nel deserto, ma per me è un esercizio Zen di concentrazione e pulizia della mente. In effetti sono quasi certo che questa pratica continua di comunicazione dei contenuti culturali positivi sia una preparazione atletica sana, efficace a tonificare il cervello tanto di chi scrive quanto di chi legge.

Sarà insomma un’esplorazione avventurosa oltre i “limiti” di quelli che crediamo essere il nostro “linguaggio” e il nostro “mondo”, a ricordare non a caso il primo Wittgenstein del Tractatus, pubblicato nel 1921 quando aveva appena 30 anni, in quei primi decenni del secolo scorso appunto che hanno preannunciato catastrofi mondiali spaventose, scoperte scientifiche impensabili per l’umanità, invenzioni poetiche e sperimentazioni artistiche arrischiate su vertici dove l’intelligenza della nostra specie si confonde con la propria bestiale idiozia autodistruttiva.

«Perché mai la gente dovrebbe appassionarsi per le cose che non conosce?» si chiedeva amareggiato György Ligeti nel libro-conversazione con Eckhard Roelcke, Lei sogna a colori? (Edizioni Alet) a proposito del disinteresse della gente nei confronti della musica contemporanea. Ecco, tutta questa mia elucubrazione fino a qua, tenta di dare una risposta articolata alla domanda amara ma essenziale di Ligeti.

Insomma un post al giorno concatenando le visioni sonore e i visionari delle arti visive, come esercizio d’apprendimento costante o semplice “rito apotropaico” per arginare l’ondata di false notizie e cospirazionismi del giorno, per esorcizzare la valanga di merda tossica digitale e cartacea che travolge tutto e tutti.

Visioni, suoni, rumori, silenzi… per non crepare d’aridità o di analfabetismo funzionale. Per appassionare prima noi stessi poi gli altri, alle molte molte cose che ancora non conosciamo. Perché la conoscenza è infinita mentre noi siamo finiti ma in quella congiuntura di tempo e spazio che ci è concessa possiamo illuderci attivamente, essere grati di partecipare a questa entusiasmante infinitezza.

Lowry, Laurence Stephen; Mill Scene; The Lowry Collection, Salford; http://www.artuk.org/artworks/mill-scene-162386

[Laurence Stephen Lowry (1887–1976), Mill Scene (1965)]