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NdC AudioVisive e l’Algoritmo Leviatano

7 Gennaio 2023
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Perché mai la gente dovrebbe appassionarsi per le cose che non conosce?

György Ligeti

Natura delle Cose audiovisive e l’Algoritmo Leviatano [qui la versione in inglese]Sul "gesto" apotropaico si confronti J.N. Adams, Apotropaic and ritual obscenity, in The Latin Sexual Vocabulary, JHU Press, 1990.Sul “gesto apotropaico” si confronti J.N. Adams, Apotropaic and ritual obscenity, in The Latin Sexual Vocabulary, JHU Press, 1990.

<<Natura delle cose audio-visive. Un vino quotidiano schietto fatto di suoni, rumori, visioni, silenzi. Costellazione multimediale di saperi.>>

Questa la “tag-line” nello spirito umanistico di Bachelard quando pregava: “Dacci oggi il nostro libro quotidiano.

Pars destruens

Non serve essere chissà che scienziati della comunicazione per accorgersi che non siamo noi ad usare l’algoritmo di Facebook ma è l’Algoritmo che abusa di noi. È un Leviatano che ci cannibalizza, che si nutre giorno dopo giorno della nostra identità virtuale, inasprendo al massimo il peggio di noi: narcisismo, malevolenza, frustrazione, risentimento, ostilità, ignoranza, megalomania, autocelebrazione, intolleranza, esibizionismo…

Noi però – tanto i consapevoli quanto gli sprovveduti – non siamo che patetici, insignificanti numerini vomitati nella trappola per sorci dei “Big Data”. Ridiamo ormai tutti in massa degli stessi “meme”. Commentiamo tutti gli stessissimi eventi del momento polarizzati tra i pro o i contro. Condividiamo in molti l’identica rabbia, gioia o dolore per i necrologi del giorno. Ci scandalizziamo e siamo altruisti a comando. Ci odiamo e veneriamo in troppi l’un l’altro a colpi di “flame”, “like”, “selfie” con le labbra a culo di struzzo sullo “specchio delle mie brame” delle nostre bacheche spettrali.

L’algoritmo non lo fotti perché è stato creato per fotterci. Forse, senza risultare troppo paranoici o pomposi, se ne può fare un uso meno tossico di Facebook e dei social in generale. Autocommiserarsi e lagnarsi soltanto serve a poco. Bisogna trovare una soluzione concreta, una via di fuga almeno per noi stessi, per quanto improbabile o inefficace possa sembrarci sulla breve durata ma chissà che non sia una soluzione decisiva se prospettata a lungo termine. Raccogliere ciò che è disperso nella melma di Internet per ridargli rispettabilità educativa e beneficio di conoscenza. Visto poi il fallimento collettivo dell’istituzione scolastica e dell’insegnamento ufficiale sotto tanti punti di vista – dalle scuole dell’infanzia all’università -, adattarsi ad una radicale forma di concentrazione monastica e propensione all’autodidattica mi pare un buon metodo per affinare il proprio giudizio critico, per praticare la giusta disciplina marziale di ricerca interiore in “smart-working“.

Educarsi a conoscere ogni giorno qualcosa di nuovo è forse il solo modo per non farsi narcotizzare i sensi dalla distrazione collettiva generale diramata e perpetrata dal Sistema.

Pars construens

Tutto è stato fatto, e niente è stato fatto; per cui tutto è da fare, e non c’è niente che non si possa fare.” Emilio Villa

La Rete può essere tanto uno strumento di distrazione di massa quanto un collettore di stimoli sensoriali, di propulsioni conoscitive (sviluppo gnoseologico). Un atlante fluido di saperi vastissimi e incessanti che però bisogna imparare a leggere proprio come si leggono le mappe geografiche. Se non siamo in grado di orientarci in modo attivo la Rete è un abisso di informazioni dispersive, inefficaci al nostro accrescimento personale, si trasforma in un’accozzaglia di impulsi multiformi sterili che subiamo passivamente. Rischia cioè di diventare un deserto mobile sconfinato di granelli spazzati dal vento. Un vortice di puntini sovrapposti che dobbiamo sempre essere in grado di unire tra loro per dargli un senso progettuale, per cercare di non perdere l’orientamento. Per evitare infine che il nostro complesso schema di pensiero sia sottomesso e polarizzato dallo schema binario della Macchina che tende a appiattire/banalizzare qualsiasi cosa sul suo cammino. Allenare tutti i giorni i sensi della vista e dell’udito è Yoga per la mente, cibo e vino per lo spirito. Questo cortocircuito perenne di informazioni raccolte online o dai libri, dalle bibliografie delle arti visive, dalle discografie e dalle filmografie, diventa una pratica artigianale di risveglio della coscienza che stimola il nostro intelletto, focalizzandoci sempre più a comprendere noi stessi e gli altri. Più impariamo a leggere, interpretare, criticare, vedere ed ascoltare il mondo, meno ci facciamo infinocchiare dal brutto, dal falso, dall’Intelligenza Artificiale, dal vuoto culturale dentro cui sprofondiamo. Più siamo concentrati sull’accrescimento interiore di noi stessi e sul nostro sviluppo intellettuale meglio possiamo contrastare l’intorpidimento forzato del cervello calcolato millimetricamente a tavolino da algoritmi e big-data. Avversare con tutte le nostre forze l’omologazione del nostro senso estetico. Combattere a sangue l’abbrutimento, l’imbambolamento veicolato della nostra soggettività sia virtuale che reale la quale, se abbandonata a se stessa, manipolata dai flussi dell’Algoritmo, diventa sempre più un’identità passiva plasmata a misura di un sorcetto da laboratorio

Giuseppe Viviani, Eyes, litografia, 1961
Giuseppe Viviani, Eyes, litografia, 1961

Con l’esercizio concentrato, lento ma costante di scoperta ostinata su Internet, “costringiamo” la Rete a trasformarsi, a spalancarsi pian piano in una magnifica avventura della conoscenza dove oltre i soliti siti di ricerca e piattaforme enciclopediche-universali  (Google, Wikipedia, YouTube… soprattutto se si masticano inglese, francese e altre lingue), si scoprono blog raffinatissimi, si rivelano come tesori dei siti di approfondimento specialistici incredibilmente competenti sul cinema, la musica, l’arte, la letteratura, lo yoga, gli scacchi, la viticoltura e su qualsiasi altro argomento o disciplina a cui vogliamo dedicare le nostre osservazioni, documentazioni, analisi circoscritte.

Attenzione, non si tratta di erudizione fine a se stessa, ma di furiosa smania conoscitiva. Imparare da sé a decifrare i segni visivi e sonori da cui siamo letteralmente inondati significa imparare a stare al mondo. Si tratta cioè di appagare il desiderio di conoscere le cose, di colmare dei vuoti affettivi come un gesto riempitivo d’amore e cura per se stessi. Perdenti agli occhi delle masse di gente abituate a giudizi e pregiudizi superficiali, ma vincenti nel rispetto che portiamo verso il Sapere e verso noi stessi.

«I perdenti, come gli autodidatti,
hanno sempre conoscenze più vaste
dei vincenti, se vuoi vincere devi sapere
una cosa sola e non perdere tempo a
saperle tutte, il piacere dell’erudizione è
riservato ai perdenti. Più cose uno sa,
più le cose non gli sono andate per il verso giusto».

– Umberto Eco –

Orientarsi nel caos enciclopedico del Web non è uno scherzo, è un’impresa sfiancante. Anche perché è un’essenza eterea, “liquida”, è la sua natura di interconnessione informatica. I contenuti, i dati che ci interessano sono già tutti lì stratificati uno sull’altro in un flusso infinito di codici, input e output. Come esploratori del sapere audiovisivo dobbiamo necessariamente distinguere e riconoscere le informazioni utili da quelle superflue, setacciare di continuo in questa bolgia melmosa di parolesuoniimmagini per separare l’oro dal fango. Le competenze – tanto teoriche che pratiche – si acquisiscono nel tempo a furia di curiosità, studio, ricerche, approfondimenti, comparazioni, tenacia.

Man Pulling Face, detail of Satirical Diptych by an anonymous Flemish artist, circa 1520
Man Pulling Face, detail of Satirical Diptych by an anonymous Flemish artist, circa 1520

È necessario difendersi mani e piedi perché il rischio è quello di venire inghiottiti dal Sistema, spolpati dell’anima mentre il guscio del corpo viene sputato via lontano su un cumulo gigantesco formato da milioni di altri gusci sputati. Sì perché il rischio che si corre è quello di essere pian piano tramutati in tante entità piatte, in fruitori robotici sterilizzati della volontà di sapere, quindi di pensare con la propria testa e di agire, volontà che identifica la nostra specie, caratterizza la nostra sola dignità umana di esseri pensanti e in qualche modo liberi. È indispensabile soprattutto aver fame, essere affamati di una curiosità onnivora sulla scia del Calvino saggista, il Calvino collezionista di sabbia e ricercatore dei mondi scritti e mondi non scritti.

Spremendo informazioni e connessioni dalla Rete e dai libri, provo a plasmare un palinsesto di contenuti culturali concatenati. Insisterò a diffondere cortocircuiti psichici sulla mia pagina Natura delle Cose. Questo palinsesto lo voglio concepire come una costellazione multimediale di espressioni creative attinenti alla ricerca artistica, dal microcosmo dell’immagine (pittura fotografia cinema), alle sperimentazioni nell’universo sonoro, fino ai margini estremi dell’afasia, dell’incomunicabile, del caos primordiale, della disarmonia, del balbettamento filosofico. Lo immagino come una mappatura fluida delle esperienze dei linguaggi musicali/visivi che hanno lievitato e prolificato negli ultimi cento anni, diciamo più o meno a partire dalle avanguardie storiche nei primi decenni del ‘900. È un quaderno d’appunti in divenire dove sollecito la stimolazione continua ai nostri organi della vista e dell’udito. È un diario di bordo dove io per primo imparo qualcosa ogni giorno assieme a chi abbia la voglia e la curiosità di leggere la correlazione dei geni creativi che hanno udito altre possibilità di linguaggio, che hanno intra-visto altri mondi possibili. Lo scopo che mi prefiggo non è ovviamente esaustivo e non pretende di essere compilatorio/sterile ma è un abbozzo di associazioni d’idee vive, congregazioni di pensieri scaturiti da libri, articoli, siti internet, concerti, musei, film. Traccio un percorso tra migliaia di altri percorsi potenziali. Instillo le mie scintille di curiosità e di correlativi oggettivi come li definiva T.S. Elliot in Il bosco sacro. Saggi sulla poesia e sulla critica.

Una serie di oggetti, una situazione, una catena di eventi pronta a trasformarsi nella formula di un’emozione particolare.

Distillo le mie passioni, credenze e cognizioni nel calderone interconnesso, con la fiducia certo un po’ naïf di accendere il fuoco della conoscenza – analogica e digitale – anche in altri individui che cercano, leggono, scrivono sia sulla carta che online.

Imparare facendo è l’antico adagio risuonato per secoli nelle botteghe degli artigiani dove il sapere manuale, le cognizioni tecniche, le abilità pratiche si trasmettevano per generazioni dai maestri agli allievi. È un monito che trovo sempre valido e che faccio mio, nonostante l’estinzione di tanto mondo artigianale indotto anche soprattutto dalla tecnologia informatica che ha stravolto per sempre la faccia del pianeta la quale tuttavia permette a me e a milioni di altri di pubblicare e comunicare le proprie cose, interessanti o noiose, stimolanti o insignificanti sta a chi legge deciderlo.

A qualcuno potrà sembrare una perdita di tempo quella di connettere mondi artistici, raccogliere e riordinare visioni del mondo in Rete per stimolare la ricerca dei lettori. Potrà sembrare in effetti uno sforzo illusorio come quello di contare i granelli di sabbia nel deserto, ma per me è un esercizio Zen di concentrazione e pulizia della mente. In effetti sono quasi certo che questa pratica continua di comunicazione dei contenuti culturali positivi sia una preparazione atletica sana, efficace a tonificare il cervello tanto di chi scrive quanto di chi legge.

Sarà insomma un’esplorazione avventurosa oltre i “limiti” di quelli che crediamo essere il nostro “linguaggio” e il nostro “mondo”, a ricordare non a caso il primo Wittgenstein del Tractatus, pubblicato nel 1921 quando aveva appena 30 anni, in quei primi decenni del secolo scorso appunto che hanno preannunciato catastrofi mondiali spaventose, scoperte scientifiche impensabili per l’umanità, invenzioni poetiche e sperimentazioni artistiche arrischiate su vertici dove l’intelligenza della nostra specie si confonde con la propria bestiale idiozia autodistruttiva.

«Perché mai la gente dovrebbe appassionarsi per le cose che non conosce?» si chiedeva amareggiato György Ligeti nel libro-conversazione con Eckhard Roelcke, Lei sogna a colori? (Edizioni Alet) a proposito del disinteresse della gente nei confronti della musica contemporanea. Ecco, tutta questa mia elucubrazione fino a qua, tenta di dare una risposta articolata alla domanda amara ma essenziale di Ligeti.

Insomma un post al giorno concatenando le visioni sonore e i visionari delle arti visive, come esercizio d’apprendimento costante o semplice “rito apotropaico” per arginare l’ondata di false notizie e cospirazionismi del giorno, per esorcizzare la valanga di merda tossica digitale e cartacea che travolge tutto e tutti.

Visioni, suoni, rumori, silenzi… per non crepare d’aridità o di analfabetismo funzionale. Per appassionare prima noi stessi poi gli altri, alle molte molte cose che ancora non conosciamo. Perché la conoscenza è infinita mentre noi siamo finiti ma in quella congiuntura di tempo e spazio che ci è concessa possiamo illuderci attivamente, essere grati di partecipare a questa entusiasmante infinitezza.

Lowry, Laurence Stephen; Mill Scene; The Lowry Collection, Salford; http://www.artuk.org/artworks/mill-scene-162386

[Laurence Stephen Lowry (1887–1976), Mill Scene (1965)]

Il Senso di Joško Gravner per la Ribolla: Cena al Per Me Giulio Terrinoni

17 Maggio 2016
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 Il senso di Joško Gravner per la Ribolla: Cena al Per Me Giulio Terrinoni

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“Essere contadini non significa fare solo il vino, il contadino deve saper fare tutto!”

Joško Gravner

Joško Gravner non ha bisogno di tante presentazioni o tantomeno salamelecchi. Qualsiasi sfoggio elogiativo, celebrazione in vita e panegirico non possono che risultare lacunosi e insinceri, inadeguati a restituire la complessa semplicità (leggi anche semplice complessità) di Joško uomo, filosofo, contadino e viticoltore nel Collio, ad Oslavia per l’esattezza.

Da una fase giovanile di ricerca inesausta ed irrequietezza sperimentale del “tanto è buono” Gravner arriva oggi nella piena maturità e saggezza del suo percorso di vignaiolo ad una sfera di consapevolezza che possiamo ben definire senza tema di smentite anzi con l’approvazione taciturna e sorridente dello stesso Joško, del: “meno è meglio”.336196e601b3726f1b44b8cb566e217bGravner è quindi un architetto nella natura le cui linee guida e strumenti di lavoro quotidiano sono quegli stessi termini utilizzati come categorie di pensiero e d’azione ad indicare le sezioni equivalenti anche nel sito aziendale che lo racconta: la Luna, l’Uomo, le Case, la Terra, l’Acqua, le Vendemmie, la Cantina, il Vino. 13055360_1784657648429127_5822689133973417710_n

Uomo, Filosofo e Contadino, Joško dicevamo è soprattutto un Architetto “nella” natura e non “della” natura. Sembra niente, solo il cambio di una preposizione articolata ma in verità è una sottrazione non da poco, un togliere cioè d’arroganza e di sopruso perché essere architetti della natura equivarrebbe all’atto tracotante di sostituirsi a un Ordine Supremo, di qualunque entità religiosa, mitologica o mistica esso sia. Essere invece architetti nella natura riporta più ad un senso di misura, di modestia, d’equilibrio e di scambio alla pari, il più idealmente possibile alla pari, tra l’Uomo e la Natura.

In altra occasione sempre su questo sito si raccontava una degustazione di annate storiche di Gravner avvenuta a Catania: Il Vino come Narrazione del Paesaggio nel Tempo e nello Spazio.

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Per quanto mi riguarda fino ad ora credo di poter tranquillamente affermare che l’esperienza più toccante che abbia mai vissuto da quando frequento cantine, vignaioli e aziende vinicole l’ho avuta proprio da Gravner assieme a Joško.

Ceniamo in famiglia con moglie e figlia, Mateja, ed è una cena austera come piace a me a base di rape macerate nelle vinacce della loro cantina per qualche semestre, salsiccia stufata, pane rustico di casa e un’insalatina del loro orto condita con aceto di cachi fatto sempre da Joško accompagnato da qualche fetta del suo meraviglioso salame da maiale brado di cui va così fiero quasi quanto, se non addirittura più, della sua Ribolla “tutto tagliato al coltello e soltanto con l’aggiunta minima di 18 gr. di sale..”b4f557781c35c48e2b8be07b61414902

Bevuto l’ultimo sorso di Ribolla 2007 e dopo avermi mostrato la bottiglia distesa in orizzontale sul tavolo e fatta rotolare sotto le sue mani come fosse un mattarello o con l’idea quasi di spremerne e strizzarne il vetro sulla superficie, mi fa: “Lo sapevi? Così il vino che era rimasto sulla parete interna della bottiglia si raccoglie in fondo e ne scende giù ancora un altro goccetto..” e difatti a fine della dimostrazione rialzando la bottiglia me ne distilla nella coppa quella lacrimuccia recuperata dall’operazione. Sono coppe amplie senza gambo quelle in cui beviamo, con un paio d’incavi adatti ad inserirci le dita, ideate da lui ispirandosi alle tazze dei monaci ortodossi conosciuti in Georgia quando andava nel Caucaso alla ricerca delle grandi anfore di terracotta; sono coppe in vetro realizzate da Massimo Lunardon che rimandano al gesto semplice ed ancestrale del bere con le due mani giunte a coppa appunto.

“Bene! Vado a riprendere il cavallo in campagna, che fai, vieni con me?”ae3df5dc8e5c27f6831734c57ddec26b

Era una serata fredda ma tersissima di metà Marzo, la luna piena o quasi. Passeggiamo per ore tra le vigne di Joško l’uno accanto all’altro mentre il mio Frank Lloyd Wright dell’uva con il passo sereno e il sorriso onesto di un bambino tra i suoi giochi prediletti mi illustra i lavori nei campi del giorno prima e quelli da fare il giorno appresso, le orme dei cinghiali, le pre-potature delle viti e le potature degl’alberi da frutto, la simmetria delle vigne e loro forma d’allevamento, il senso della disposizione degli stagni per tutto l’anfiteatro dei vigneti al fine di ricostituire maggior biodiversità possibile (api, insetti, zanare, uccelli, pesci, gelsi, meli selvatici, sorbi dell’uccellatore, mandorli, peschi…), per una riappropriazione del senso più genuino di podere agricolo inteso a trecentosessanta gradi e non solo come sistema monocolturale intensivo così come purtroppo si è tramutata la gran parte della viticoltura attuale anche quella piu virtuosa e attenta per ovvie ragioni di commercio e sussistenza economica. “Essere contadini non significa fare solo il vino, il contadino deve saper fare tutto!”Mar13_hiroshige4972x609Ogni dettaglio anche il meno visibile ad occhio umano medio nella mente architettonica di Joško, perfezionista ed essenzial-centrico, è un elemento minimo mai ornamentale ma sempre sostanziale alla visione d’insieme. Allora mi racconta del restauro della casa degl’avi, di uno scultore che vive in selvatica solitudine trai boschi della Solvenia che gli ha fatto dei lavori in pietra di una devozione da artigiano medievale, sia la nicchia che la Madonna per una cappelletta con un tormentato percorso burocratico d’edificabilità affidato alle solite amministrazioni comunali, di una bellezza severa e di una precisione universale da commuovere un umile bracciante tanto quanto un raffinato storico d’arte. geometric12-transomRagioniamo e passeggiamo quindi come due peripatetici di scuola Stoica, calcando la terra, sfiorando i filari, scalciando i sassi affioranti dalla ponka. Discutiamo di cambiamento climatico, di biodinamica, di espianto dei vitigni internazionali, di Ribolla, di annate con la botrite nobile, di trattori e cingolati, di caprette tibetane ne ha tre in azienda una quarta è morta perché malata, di controllo della qualità e maturazione delle uve: “mandare ad analizzare la propria uva in laboratorio è indice di insicurezza ed ansia da prestazione, ogni viticoltore dovrebbe essere certo per consapevolezza ed istinto di quel che è il grado di maturazione della sua uva semplicemente assaggiandola… nella serenità si può attendere l’ultimo giorno possibile per la vendemmia!”

Ragioniamo ancora di fasi lunari, d’attitudine agricola artigianale, d’approccio limpido in vigna e in cantina il meno invasivi che si possa: “perché il vino si è fatto per millenni così nella maniera giusta, la Tecnica è un bene solo se a supporto non a sopruso della materia prima, – l’uva cioè -, che deve arrivare a vendemmia il piu sana, croccante e perfetta possibile prima di poter essere portata in cantina.” GinkgoBirdsmPasseggiando e conversando, saranno passate così un paio d’orette, in un campo che dirada verso i boschi immerso in una marea d’erba lunare Joško chiama a raccolta il suo cavallo Saška e Saška dal fondo del campo nitrisce e corre in su elegantissimo verso di noi, il manto rilucente di rugiada notturna. Lo riprendiamo con noi assieme ai due cani che erano già fin dall’inizio in nostra compagnia per rientrare verso casa.

Fermi davanti a un albero con una potatura a pergola da farmi pensare a certi splendidi giardini Zen intravisti in Giappone, Joško accanto al suo Saška mentre gli strofina amorevolmente il dorso mi fa: “Sai che cosa è? Ne ho piantati due di questi alberi qui tra le vigne. È un Ginkgo Biloba, una pianta antichissima e resistente che è sopravvissuta all’estinzione dei dinosauri e alla bomba di Hiroshima.”6d8c244c078fd615b0b4f8e1cfeada7e

Date queste premesse in cui a rischio d’autoreferenzialità mi sono permesso di raccontare l’emozionante lezione di vita, di etica ambientale e di botanica che ho ricevuto ad Oslavia una sera fredda e ventosa di metà Marzo, ecco che assieme ad Alberto e Nanni dell’agenzia di comunicazione Cultivar ci siamo riproposti di portare Joško Gravner giù a Roma ad una cena da Per Me Giulio Terrinoni con un’approfondita verticale della sua Ribolla in assaggio.

13087653_1335038353179567_5717161653021050351_nIn questa serata romana d’incontro tra Joško Gravner, Giulio Terrinoni e la ventina di fortunati che sarebbero riusciti a prenotarsi per tempo e ad affrontare il costo impegnativo della cena, l’intento impossibile ma prioritario che mi ero ripromesso era proprio quello di riuscire a portare in città almeno un frammento campestre e densamente magico di quella mia notte d’iniziazione con Joško nella sua vigna-giardino.apcCerto non è mai facile in queste degustazioni dove ci si ritrova fondamentalmente racchiusi con estranei in una stessa sala a condividere un’esperienza conoscitiva che presuppone intimità, confidenza e misurato tono di voce, è proprio questa la barriera psicologica più aspra da abbattere, il ghiaccio più duro da spaccare. Nel caso di Joško poi a maggior ragione, pesce fuor d’acqua quanto mai e soprattutto fuori dai suoi usuali scarponi di campagna da dove l’abbiamo sradicato per catapultarlo in una dimensione di cena urbana tra sconosciuti.

Ritengo tuttavia che alla fine l’esperienza unica di penetrare a fondo i segreti più riposti della Ribolla Gialla assieme al suo interprete più geniale Joško Gravner sia abbastanza ben riuscita e Joško stesso senza troppe forzature espressive, perplessità o formalismi ha avuto agio, spazio e modo di raccontare se stesso, l’ecosistema delicato del suo cosmo vitivinicolo, l’Oslavia e la propria vigna-giardino.

13166073_1790110941217131_7275055176474060602_nCon la complicità di Giulio Bruni, Fabrizio Picano e Flaminia Francia in sala assieme agli amici Jacopo Cossater e Federico de Cesare Viola ad incoraggiare le pulsioni della conversazione domestica sul vino, le annate, il cibo, il suolo, il terroir in compagnia di Joško, Mateja e il pubblico dei partecipanti accordati allo spirito di relazione della serata, il convivio ospitato nella casa-cucina di Giulio Terrinoni ha assunto man mano sempre più il giusto timbro atmosferico e l’umore uterino di una conversazione in famiglia tra noi, Lui, la sua Ribolla Gialla presentata in 7 annate diverse assieme ad altrettante portate fortemente pensate da Terrinoni per l’abbinamento ai vini su alimenti indicati dallo stesso Gravner e trasformati come per miracolo in cibi filosofali nelle mani controllatissime di Giulio, alchimista dei fornelli.

Questo è stato il menu della serata:

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  • 7 le portate degli alimenti/elementi
  • 7 le annate dei vini
  • 7 i colori dell’arcobaleno
  • 7 i colli di Roma
  • 7 il numero della completezza sacro al Gautama Buddha
  • 7 gl’anni per la rigenerazione delle cellule
  • 7 gl’anni per la maturazione della Ribolla Gialla

IMG_9869Il risotto di triglie, carciofi, animelle e mentuccia romana ad esempio ha quintessenzializzato il senso dell’intera serata con l’utilizzo di elementi/alimenti nobili ed eterei quali l’animella appunto armonizzata ai più umili e terrosi carciofo e triglia, il rimando ancestrale quasi proustiano direi alla memoria della mentuccia usata dalle nostre nonne, cogliendo così l’abbinamento forse più con/geniale con i vini di Joško che sono difatti una vera spremuta di nobile umiltà e rammemorazione presocratica generati tanto dalla Terra che dal Cielo che dall’Acqua, matrice di vita fluida.

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Verticale di Ribolla Gialla Gravner in abbinamento alla cucina del Per Me Giulio Terrinoni:

  • 1) Ribolla Gialla 2007 [Lunghi periodi asciutti e piogge discrete, uve sane e mature. 25 Settembre fine vendemmia]Speck di Ricciola, chutnay di pere, crescione di fiume, tradizionale di Modena
  • 2) Ribolla Gialla 2006 [Annata da manuale, uve belle e sane senza botrite. Vendemmia terminata il 14 Ottobre] – Tartelletta di cipolla fondente, Baccalà mantecato, erbe bruciate, tartufo
  • 3) Ribolla Gialla 2005 (Magnum) [Annata equilibrata. Le piogge autunnali hanno permesso lo sviluppo ottimale della botrite. 12 Ottobre fine vendemmia] – Ravioli di radici, crudo di Gambero rosso, mandorle, rafano
  • 4) Ribolla Gialla 2003 (Magnum) [Asciutta, poche piogge da Marzo a Dicembre, limitata quantità di uve prodotte. Fine vendemmia 26 Settembre] – Risotto, Triglie, carciofi Animelle, mentuccia romana
  • 5) Ribolla Gialla 2002 (Magnum) [Estate fredda e piovosa. Buona presenza di uve botritizzate. Vendemmia finita il 4 Ottobre] – Rombo al vapore, asparagi, salsa tartara, sambuco
  • 6) Ribolla Gialla 2001 (Magnum) [Estanze abbastanza piovosa che però ha risparmiato i vigneti. Fine vendemmia 2 Ottobre] – “Il Coniglio in vigna”
  • 7) Ribolla Gialla 1998 Riserva (Magnum) [Annata pre-anfora, intervallata da piogge, giornate asciutte e ventialate. Produzione di uve in parte botritizzate, la prima volta ad essere utilizzate in un vino di Gravner. Vendemmia termiata il 3 Ottobre.] – Cacio e pepe

13221612_971428039638412_8242815136073123550_nNon posso qui non ringraziare tutti quelli che hanno contribuito alla realizzazione di una cena a dir poco perfetta: ospitalità, controllo delle materie prime, servizio in sala, temperatura dei vini, tono familiare della conversazione a tavola, serena aria di convivialità tra i commensali, curiosa disposizione all’ascolto, sacrosanta sete di buon vino, semplicità e conoscenza. IMG_9884Il vino di Joško Gravner è un vino cosmico, è il respiro del mondo sotto-vetro, è uva al suo grado di maturazione perfetta, è poco-poco zolfo, è eternità di Tempo Opere e Pensiero spremuta dagl’acini d’oro finissimo racchiusi nel grembo della vigna-giardino e armonizzati al sistema solare materno. Dalle rocce calcaree alle stelle, posso ritenermi davvero strafelice d’aver innescato quest’alchimia filosofale tra Supremazie.. dal buon vino al buon cibo alla buona compagnia.13178985_971249079656308_6785448958203791555_nConcludo infine aggiungendo in rosso il commento di un “lettore social”, commento se vogliamo anche legittimo in senso amplio, ma un po’ troppo generico e superficiale nello specifico, a cui rispondo più sotto in verde.

Filosofia a parte con questi prezzi sarà difficile venire. Sicuramente ne varrà la pena ma non è proprio per persone normali. Le degustazioni dovrebbero essere “pubblicità” per attirare e allargare la cerchia dei clienti e non per restringerla. Ai fortunati che ci saranno chiedo almeno un resoconto dettagliato dei piatti.
La cena è al Per Me di Terrinoni un ristorante con uno spazio interno massimizzato per serate come questa ad una ventina di coperti per non stare uno sopra l’altro; per quanto uno voglia democratizzare i costi ed allargare la cerchia, lo spazio è comunque quel che è, non potevamo essere più di una ventina di partecipanti. Ancora vanno considerate poi tutte le spese connesse al lavoro sul cibo e sul vino che ci sono dietro, al servizio della sala, alla manutenzione continua e scrupolosa della qualità.. qualità nei fatti e non a chiacchiere. Concordo pienamente sul discorso della promozione per attirare e non per restringere ma già per questo credo ci siano oramai più Festival, Rassegne e Fiere del vino che vini stessi, a prezzi molto accessibili per assaggiare quel che più uno desidera! Io sono comunque  il “fortunato” che ha organizzato la serata e spero di essere all’altezza di “resocontare” al dettaglio i piatti e i vini per il beneficio di chi non ha potuto – per ovvie ragioni di limitazione delle disponibilità e per il costo importante della serata – permettersi questo gran privilegio. Un saluto. (gae saccoccio)13221501_10154061919229627_2519776313121417876_n