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Metodo Classico 2014 dalle Vigne d’Ornina (Casentino)

13 Febbraio 2016
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Azienda Agricola Ornina.

Inverno

Sabrage di spuma e fecce col coltello da pane altroché sciabole! Di un rosa struggente, sostanza cremosa e bolle tante seppur crude, è presto ancora. Ne ha senz’altro un bel po’ di anni davanti a sé, tutto il tempo e lo spazio sopratutto di riposare sui lieviti in cantina prima d’affinarsi per benino, ma già adesso a un primo assaggio l’esperimento sembra assai riuscito e fa presagire una esemplare compiutezza futura.

Evviva Marco Biagioli, evviva il suo metodo classico del Casentino a base delle sue vecchie vigne d’Ornina (Sangiovese Malvasia Trebbiano) della ostica annata 2014!sabragemeetIMG_6457

Autunno

Sempre rimanendo in ambito di sperimentazione curiosa e divertita ma portata avanti con onesta serietà, abbiamo invece qui delle uve Aleatico del Casentino; aleatico del casentinocon queste piante relitto recuperate dal C.R.A. per la viticoltura di Arezzo, Marco ha tirato fuori un vino che relitto non è proprio per niente, anzi! Damigiana da 28 lt la produzione totale e questa è la num. 26 delle 37 bottiglie prodotte!

Appassimenti

L’appassitoio è parola splendida che odora – dolceamara – d’autunno. Parola e luogo che sanno di bucce d’uva che s’aggrinzano, impregnati d’una certa nobiltà delle muffe e peccaminosa santità contadina, spaziotempo più della memoria, solaio riposto di strumenti antichi, angolo d’ammutolita penombra dove dita sapienti intrecciano fili di corda ai frutti dell’estate sfumata via.

Appassitoio

 

Haderburg Metodo Classico Brut (Südtirol)

5 Febbraio 2016
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Haderburg

Haderburg. Metodo Classico dell’Alto Adige.
Selezione di Chardonnay 85%, Pinot Nero 15% fermenta una prima volta in tini d’acciaio. Dopo l’imbottigliamento, in primavera, avviene una seconda fermentazione in bottiglia, quindi 24 mesi è più o meno quanto dura la maturazione del vino sui lieviti. Haderburg retro

Franciacorta è toponimo più risaputo assurto a brand tout court a base spumante, anche se per la gran parte – generalizzo tranciando a colpi di machete – risultano sempre troppo dosati quando non addirittura sciroppetti, attaccaticci di palato: bollicine fin troppo zuccherose, piacione per molti, assai spiacevoli per me! Qui invece abbiamo una tale freschezza paglierina già al naso, una trama di cristallo infrangibile, quasi la finezza segreta d’una vena d’oro che sembra preservata in ciascuna delle bolle infinitesimali… peccato soltanto che una sola bottiglia per due persone esaurisca la sua corsa in un fulmine, neppure il tempo di dirsi: “Be’ ciao, allora come stai?”

 

Vuelvo al Sur… De Il Carato e d’Altre Stupefazioni Sicilianesche

25 Settembre 2015
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La battaglia m’infuriava nel capo (Luciano Bianciardi)

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Settembre ormai inoltrato, mi preparo per la cinque/sei giorni al Sud da Fiumicino aereoporto approdo Sicilia Orientale. M’andavo fischiettando malamente al bandoneon della memoria Vuelvo al Sur di Piazzolla già in treno dalle ore appiccicate agl’occhi del primo mattino tanto per auto-suggestionarmi nell’apnea del sonno compromesso che la vida es sueño, cantilenandomi stonato: ma sono desto o son scemo? Con un ben largo anticipo di 3 ore attracco al gate dove ho tutto l’agio di meditare i sempre verdi mala tempora currunt ed ingozzarmi il mezzo filoncino di pane ripieno di frittata della sera in bianco passata da poco: agonizzante stratificazione mesozoica di carboidrati su carboidrati.

3186In fila pronto all’imbarco, questi i rottinculo di pensierini che mi traballavano sciancati in testa sempre al ritmo tanguero di cui sopra… “Altri tempi altri sogni. Garibaldi con l’aiuto dei Mille conquistò gloria perenne e Regno delle 2 Sicilie.. oggi invece posso tuttalpiù felicitarmi di sti 2 mezzi culi di panasciutto con frittata di trofie avanzate del giorno innanzi e miserabilmente confidare nella conquista a furor di spintoni e gomitate d’un posto-finestrino infame su sto bieco volo low cost..”

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Neanche approdato al Fontanarossa di Catania, appena il tempo d’una pisciatina apotropaica a segnalare nell’immediato l’appropriazione territoriale psico-mammifera del Dasein e del mio esserci-per-la-morte che mi ritrovo sulla parete altrimenti immacolata del cesso aereoportuale faccia a faccia col beffardo genius loci isolano, prendere-o-lasciare, e ne deduco immantinente che siam tutti ma proprio tutti nessuno escluso, dei gran figli di bravissima madre!aereoportoFuori gl’amici cari Carlo e Paola ad attendermi, ospiti deliziosi pieni d’ogni minima premura genitoriale quasi, il più privilegiato degl’oblò – fossero una nave – da/e attraverso cui scrutare in questa densa crociera di pochi giorni che m’aspetta: cielo terra mare genti modi abiti e vezzi di Sicilia e sicilianità (avrei osato anche “sicilianezza” perché no?)sciascia

In effetti si comincia da subito a battagliare a colpi di menù a scudisciate gastrologiche sottilissime sul de falso et vero bono fin dal primo pomeriggio accucciati ai seggioloni disagevoli della più osannata e sciovinistica delle pasticcerie in città, in disparte dall’indolente traffico afoso post-prandiale a meditare su un casus belli catanese-palermitano tra l’ondeggiare di poppe fresche allo scirocco, ancheggiamenti pan-africani di fanciulle e fanciullone in fiore d’arancio intrecciato alle chiome sfrontate vaporose di canicola umidiccia ed altrettanti afrori testosteronici a girotondo a giramento di capo e quant’altro.. L’approccio alla materia mangesca è dei più pensosi, serissima la querelle di filologia campanilistico-romanzata, trattandosi qui in Sicilia di questioni di vita o morte imprescindibili alla sacra tradizione culinaria nella maniera scolastico-medioevale di sanguinose diatribe bizantine sul sesso degl’angeli: “Certo che siamo a Catania, ma perché allora qua è declinato le Arancine come appunto le si nomina ad indicare quelle apocrife e poco saporite di Palermo e non affatto gl’Arancini unici originali genuini catanesi?”

11217677_1705065129721713_2666773329479318523_nIntanto che uno schiaccianoci metafisico m’andava sempre più comprimendo il cervelletto a forzare il già malandato di suo per natura guscio cranico – sicuramente causa della levataccia all’alba così almeno mi ripetevo bisbetico in silenzio – un’altra faccenda ha comunque avuto la forza centripeta e la sfrontatezza d’assurgere a tema del giorno ormai inoltrato sbavando presuntuosa dalla mia boccuccia mascherata d’una selvatica barba lunga d’appena appena un paio d’anni: “..ma che il Terzavia Metodo Classico di De Bartoli voi l’avete assaggiato ultimamente? Quale sboccatura, vendemmia, tiraggio? Avete notato delle differenze rispetto al passato recente? Non v’è parso un po’ diciamo, ‘diverso’? Ossidativo in eccesso o chessò, faticosetto di mosto non così tanto crusco al palato e d’assai meno fragranza a onor del vero? È sicuramente solo una mia impressione suppongo? o sarà stata chissà la bottiglia sbagliata bevuta qualche giorno fa a un banco d’assaggio pomeridiano in Piemonte sotto un sole da Valle della Morte e sotto i tendoni a trenta e più gradi?” Insomma lasciato il patio all’ombra libidinosa degl’arancini o arancine in fiore, si fa un salto a Il Carato covo d’eccellenza gastronomica dei miei anfitrionici Lari per sottrarre a se stessi una di queste bocce di wbresize.aspxtanto per rinfrescarci memoria e gargarozzo, dunque rinfrescarla in ghiaccio una volta subito giunti a casa sulle colline meridionali dell’Etna a controverificare tutti e tre assime sulla via, bicchieri-bisturi alla mano, la gravità o meno di quelle mie loquaci pur se col mal di testa a merda, perplessità palloso-degustative.

terza via retroQuel che posso qui dire fin da subito è che l’Oki sciolto nel bicchiere d’acqua non ha fatto che ampliare ancor più il trauma cranico a doppia-merda, ma neppure stappato il Terzavia Metodo Classico di cui si contestava e contestualizzava l’integrità – almeno fui io a diciamo contestare poi a contestualizzare insomma, fummo tutt’e tre -, che nel calice già al naso si sprigiona una freschezza marina, una mareggiata salmastra di iodio sulla battigia, una spremuta d’agrumi spumeggianti tanto che il cranio s’innalza e schizza via in terza di scatto alla velocità della luce sulla vetta del vulcano fuori al balcone planando sul cratere, sul ribollire di lava furiosa e i pennacchi di fumo Im1934ascacazzando finalmente via da sé quel peso e stritolamento che m’assediava così come un improbabile falco peregrinus che si lascia sfuggir via la preda contorta, riassestandosi poi alla fine in un attimo sul collo d’appartenenza più sano di quanto l’abbia mai potuto avere o immaginare d’aver avuto. Aggiungo solo a posteriori, che in quel volteggiamento etneo della capoccia grazie alle meraviglie pirotecniche del Grillo spumantizzato di De Bartoli ho felicemente sperimentato dal vivo la teoria di Xuan-Ye che apparve in Cina attorno al 220 e il 202 Avanti Cristo una visione cosmologica che vuole l’universo informe e senza limiti entro il cui vuoto sostanziale i corpi celesti vi fluttuano, planano e galleggiano come in sospesione.

astronomyPronti quindi per la serata a Sant’Agata li Battiati dove i nostri implacabili eroi gestiscono in trasferta estiva una patriarcale villa gattopardiana tra ulivi, lecci, aranceti e dove Carlo Sichel cesella da orafo della cucina, da intagliatore di legni rari, da tessitore di tappeti persiani edibili ed imperla quasi fosse una collana alimentare di coralli per i pochi fortunati presenti, il menù della cena settembrina che riporto tale-quale come segue – perdonerete mi auguro, le foto digital-casual che non rendono certo giustizia ai piatti a cui ho sicuramente cercato di supplire più a parole (scrivendone) e a fatti (impanzandomi).FullSizeRender copy 4

Insalatina tiepida di Lenticchie, polpo e spuma di mortadella;

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Il Cannolo scomposto di Baccalà mantecato senza uova con Marsala;

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Risotto al Borgo Syrah di Cortona Tenimenti d’Alessandro;

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I Cannelloni di grano duro siciliano antico Bidì ripieno al ragù bianco di vitello, maiale, battuto di cipolla, alloro porcini dell’Etna trifolati e crema di Cosacavaddu;

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Il Petto d’Anatra marinato in sale e zucchero in salsa al Vin Santo, patate fumo lesse e schiacciate affumicate con lavanda ed altre erbe aromatiche, Tenerumi “li taddi cucuzza” e Fiori di Zucca ripieni di Foie gras de Canard;

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Il Tortino di Mandorle, gelatina di fichi d’India e Mandorle atturrate

dolceUno scatto d’iphone rubato a Carlo Sigaro-Extravecchio-Toscano fumante, durante un riflessivo momento di vitae meditatio ed istruzione dello staff di sala sulla giusta sequenza degl’ingredienti nei piatti e la presentazione più idonea d’ogni portata in programma.

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