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“Gravner a Oslavia: Incredulità e Stupore” di Bruno Frisini

21 Aprile 2017
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“Il vino è il pensiero di chi lo fa.” Josko Gravner18033875_1481864368551857_5356822728533870773_n

Molto felice di presentare in questo angolo dei Generi Elementari, un ragguaglio di viaggio per vigne condiviso insieme ai compagni d’avventure eno-gastronomiche più affini nei ragionamenti esistenziali, più prossimi nei sentimenti connaturati alla visione vinocentrica del mondo.

L’amico e compaesano Bruno Frisini (il Pozzo dell’Artista), qui, nel pezzo che segue, ha stilato un resoconto compartecipe articolandolo d’immagini e parole che riassumono l’emozione – difficilmente riassumibile – di una intensa giornata vissuta in campagna, in cantina e in casa assieme a Josko Gravner.

La mente profondamente architettonica di Josko, per quel poco che m’è dato d’intuire, progetta vigneti e vini. Costruisce habitat. Edifica ecosistemi viventi. Impianta viti con le radici nel passato più ancestrale ma i grappoli luminosamente proiettati nel futuro lontanissimo, così come un urbanista utopico può essere tanto scrupoloso nel ridisegnare gli spazi di una città situazionista a partire da zero, pianificando ogni dettaglio allo scopo di far funzionare al meglio della civiltà i volumi abitativi, i viali alberati, i parchi verdi, i percorsi ciclabili al buon uso dei cittadini che saranno per questo migliori nello spazio e sempre più – si spera – migliorabili nel tempo.

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Gravner a Oslavia: Incredulità e Stupore

La sensazione è di quelle che ti spingono a rimandare, a cercare con te stesso una scusa, un compromesso per non trovarti a fare i conti con qualcosa che già sai essere infinitamente più grande di te. Pensi una parola e immediatamente ti accorgi che potrebbe essercene un’altra decisamente migliore per trasmettere l’emozione che in quei momenti correva lungo la tua schiena e ti permetteva di camminare a un metro da terra, sospeso in una dimensione ultraterrena, in balia di incredulità e stupore.

18057955_1481863968551897_6594083404256595993_nIl ricordo della giornata è nitido e al tempo sfumato, quasi come se il tempo, non scandito in modo canonico, avesse avvolto quei gesti e quelle parole, rendendoli un tutt’uno inscindibile che rimbalza da una parte all’altra della mia mente in cerca di una collocazione quanto più razionale possibile.
Poggiati corpo e anima per la prima volta su quella terra vengo da subito assalito dalla percezione che calpestandola non sarei mai più riuscito a togliermela da sotto i piedi. Ti si attacca e non ti molla, stringe le tue gambe come fossero radici, la polvere si solleva insieme alle parole che, con il vento a sostenerle, restano nell’aria a danzare e volteggiare davanti i tuoi occhi.17952755_1481863995218561_7942835050622033792_nTuttavia la coscienza sa bene che, seppur tremendamente impattante, si tratta di uno sfondo, di una scenografia naturale che va a incorniciare il canovaccio di un’opera che non ha una trama preordinata, ma solo un immenso protagonista.
Josko Gravner: un’etichetta che con il tempo è divenuta vino, poi un’ombra in lontananza e infine sorriso e mani, grandi, grandissime mani che stringono le mie. Sporche di terra e impregnate di vita, tanto basta a rassicurarmi.
Da quell’attimo più nulla è stato come prima. Il giusto preludio di una giornata che ha trasformato in incendio una scintilla.18010642_1481864565218504_2563988492788017807_nNemmeno il tempo di focalizzare quanto stesse accadendo, vengo invitato a salire in auto assieme ai miei compagni di avventure. Disorientato accetto l’invito senza domandare quale fosse la meta. La mia d’altronde era proprio lì davanti e non si trattava di un luogo ma di una mente.
Su di un fuoristrada con Josko e Pepi (suo fido amico a quattro zampe) ci dirigiamo verso il “nuovo” sito che da lì a poco sarebbe stato impiantato. Un sito al quale ha cominciato a lavorare dal 1999 dopo averlo riunito, acquistando tante piccole parcelle da contadini locali. Un terreno unico, tipico di Oslavia, prima ancora che del Collio, ricco di marne arenarie di origine eocenica, la cosiddetta “ponca”, frutto di stratificazioni millenarie ricche di sali e microelementi, impronta inconfondibile di vini che inevitabilmente richiamano al più profondo degli istinti primordiali insito in ognuno di noi.

17953012_1481864305218530_5958492025418009453_nLe prime viti sono state piantate solamente nel 2010, le nuove, nonostante il terreno sia tecnicamente pronto da oltre due anni, ancora sono in attesa che la terra “sia migliore grazie al sovescio”. Questo a dimostrazione di quanto siano fondamentali i tempi nella mente di un visionario in cui il profitto non trova spazio e l’autenticità rappresenta il tutto.
Provo a far mia ogni singola parola, ogni concetto, ogni dettaglio: l’irrigazione come tecnica fuori natura, male assoluto della viticoltura, dannosa e necessaria per chi sceglie terreni non adatti alla coltura della vite. L’acqua tuttavia è elemento indispensabile per garantire un ciclo di vita e quindi una comunità attorno al vigneto, ecco il perché della presenza ai margini di piccoli stagni e pozze d’acqua; la filtrazione e i lieviti selezionati, letali assassini del vino; l’acciaio inossidabile che con le cariche elettriche positive e negative irrita il liquido in esso contenuto. Informazioni che farebbero rabbrividire qualunque scuola enologica ma che in me non fanno altro che accrescere una sconfinata curiosità.IMG_4427
Passeggiando e “ruzzolando” lungo le ripidissime pendenze dei futuri terrazzamenti, vengo sospinto e accompagnato da un continuo e incessante sospiro: il soffio del vento di nord est che instancabile asciuga i vigneti dall’umidità atmosferica. Fattore questo fondamentale, assieme al clima mite dell’Alto Adriatico, per la sana maturazione delle uve.18057222_1481864408551853_6696164332695473116_nJosko mostra orgoglioso la sua maestosa creatura, prova a prestarci il suo sguardo per qualche minuto ed è in quel momento che sempre più intensamente i miei occhi cominciano a vedere non più la materia ma lo scorrere del tempo. È un crescendo di emozioni che trova il proprio apice nell’istante in cui il numero 7 (da sempre fattore capace di influenzare la mia vita) mi viene presentato come entità rigenerativa, testimone in chiaro scuro dello svolgersi della fragile esistenza umana.
Allontanandoci passo dopo passo provo a ristabilire un contatto più razionale… Non c’è modo migliore che salire in auto con Pepi tutto bagnato!

17795860_1265143266933553_1047207684624038480_nArrivati a casa, visitata la cantina e pronto il pranzo, cominciano a sfilare sotto il mio naso i capolavori assoluti di Josko Gravner, il fine ultimo di ogni suo gesto:

* BREG 2009
* BREG 2008
* BREG 2007
* RIBOLLA 2009
* RIBOLLA 2008
* RIBOLLA 2007
* PINOT GRIGIO 2006
* 8.9.10
* DISTILLATO CAPOVILLA A BAGNOMARIA GRAPPA RIBOLLA 2007IMG_4932

Non starò qui a descriverli tediosamente e non parlerò di anfore né di macerazioni perché vi renderete conto che rileggendo queste poche righe probabilmente vi sembrerà già di conoscerli.
Il vino è la naturale estensione del vignaiolo.
Parlando di lui, parlerete di vino. “Il vino lo faccio per me, il di più lo vendo”, parole sacrosante di Josko Gravner.

Bruno Frisini, Itri 21 Aprile 2017

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Il Senso di Joško Gravner per la Ribolla: Cena al Per Me Giulio Terrinoni

17 Maggio 2016
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 Il senso di Joško Gravner per la Ribolla: Cena al Per Me Giulio Terrinoni

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“Essere contadini non significa fare solo il vino, il contadino deve saper fare tutto!”

Joško Gravner

Joško Gravner non ha bisogno di tante presentazioni o tantomeno salamelecchi. Qualsiasi sfoggio elogiativo, celebrazione in vita e panegirico non possono che risultare lacunosi e insinceri, inadeguati a restituire la complessa semplicità (leggi anche semplice complessità) di Joško uomo, filosofo, contadino e viticoltore nel Collio, ad Oslavia per l’esattezza.

Da una fase giovanile di ricerca inesausta ed irrequietezza sperimentale del “tanto è buono” Gravner arriva oggi nella piena maturità e saggezza del suo percorso di vignaiolo ad una sfera di consapevolezza che possiamo ben definire senza tema di smentite anzi con l’approvazione taciturna e sorridente dello stesso Joško, del: “meno è meglio”.336196e601b3726f1b44b8cb566e217bGravner è quindi un architetto nella natura le cui linee guida e strumenti di lavoro quotidiano sono quegli stessi termini utilizzati come categorie di pensiero e d’azione ad indicare le sezioni equivalenti anche nel sito aziendale che lo racconta: la Luna, l’Uomo, le Case, la Terra, l’Acqua, le Vendemmie, la Cantina, il Vino. 13055360_1784657648429127_5822689133973417710_n

Uomo, Filosofo e Contadino, Joško dicevamo è soprattutto un Architetto “nella” natura e non “della” natura. Sembra niente, solo il cambio di una preposizione articolata ma in verità è una sottrazione non da poco, un togliere cioè d’arroganza e di sopruso perché essere architetti della natura equivarrebbe all’atto tracotante di sostituirsi a un Ordine Supremo, di qualunque entità religiosa, mitologica o mistica esso sia. Essere invece architetti nella natura riporta più ad un senso di misura, di modestia, d’equilibrio e di scambio alla pari, il più idealmente possibile alla pari, tra l’Uomo e la Natura.

In altra occasione sempre su questo sito si raccontava una degustazione di annate storiche di Gravner avvenuta a Catania: Il Vino come Narrazione del Paesaggio nel Tempo e nello Spazio.

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Per quanto mi riguarda fino ad ora credo di poter tranquillamente affermare che l’esperienza più toccante che abbia mai vissuto da quando frequento cantine, vignaioli e aziende vinicole l’ho avuta proprio da Gravner assieme a Joško.

Ceniamo in famiglia con moglie e figlia, Mateja, ed è una cena austera come piace a me a base di rape macerate nelle vinacce della loro cantina per qualche semestre, salsiccia stufata, pane rustico di casa e un’insalatina del loro orto condita con aceto di cachi fatto sempre da Joško accompagnato da qualche fetta del suo meraviglioso salame da maiale brado di cui va così fiero quasi quanto, se non addirittura più, della sua Ribolla “tutto tagliato al coltello e soltanto con l’aggiunta minima di 18 gr. di sale..”b4f557781c35c48e2b8be07b61414902

Bevuto l’ultimo sorso di Ribolla 2007 e dopo avermi mostrato la bottiglia distesa in orizzontale sul tavolo e fatta rotolare sotto le sue mani come fosse un mattarello o con l’idea quasi di spremerne e strizzarne il vetro sulla superficie, mi fa: “Lo sapevi? Così il vino che era rimasto sulla parete interna della bottiglia si raccoglie in fondo e ne scende giù ancora un altro goccetto..” e difatti a fine della dimostrazione rialzando la bottiglia me ne distilla nella coppa quella lacrimuccia recuperata dall’operazione. Sono coppe amplie senza gambo quelle in cui beviamo, con un paio d’incavi adatti ad inserirci le dita, ideate da lui ispirandosi alle tazze dei monaci ortodossi conosciuti in Georgia quando andava nel Caucaso alla ricerca delle grandi anfore di terracotta; sono coppe in vetro realizzate da Massimo Lunardon che rimandano al gesto semplice ed ancestrale del bere con le due mani giunte a coppa appunto.

“Bene! Vado a riprendere il cavallo in campagna, che fai, vieni con me?”ae3df5dc8e5c27f6831734c57ddec26b

Era una serata fredda ma tersissima di metà Marzo, la luna piena o quasi. Passeggiamo per ore tra le vigne di Joško l’uno accanto all’altro mentre il mio Frank Lloyd Wright dell’uva con il passo sereno e il sorriso onesto di un bambino tra i suoi giochi prediletti mi illustra i lavori nei campi del giorno prima e quelli da fare il giorno appresso, le orme dei cinghiali, le pre-potature delle viti e le potature degl’alberi da frutto, la simmetria delle vigne e loro forma d’allevamento, il senso della disposizione degli stagni per tutto l’anfiteatro dei vigneti al fine di ricostituire maggior biodiversità possibile (api, insetti, zanare, uccelli, pesci, gelsi, meli selvatici, sorbi dell’uccellatore, mandorli, peschi…), per una riappropriazione del senso più genuino di podere agricolo inteso a trecentosessanta gradi e non solo come sistema monocolturale intensivo così come purtroppo si è tramutata la gran parte della viticoltura attuale anche quella piu virtuosa e attenta per ovvie ragioni di commercio e sussistenza economica. “Essere contadini non significa fare solo il vino, il contadino deve saper fare tutto!”Mar13_hiroshige4972x609Ogni dettaglio anche il meno visibile ad occhio umano medio nella mente architettonica di Joško, perfezionista ed essenzial-centrico, è un elemento minimo mai ornamentale ma sempre sostanziale alla visione d’insieme. Allora mi racconta del restauro della casa degl’avi, di uno scultore che vive in selvatica solitudine trai boschi della Solvenia che gli ha fatto dei lavori in pietra di una devozione da artigiano medievale, sia la nicchia che la Madonna per una cappelletta con un tormentato percorso burocratico d’edificabilità affidato alle solite amministrazioni comunali, di una bellezza severa e di una precisione universale da commuovere un umile bracciante tanto quanto un raffinato storico d’arte. geometric12-transomRagioniamo e passeggiamo quindi come due peripatetici di scuola Stoica, calcando la terra, sfiorando i filari, scalciando i sassi affioranti dalla ponka. Discutiamo di cambiamento climatico, di biodinamica, di espianto dei vitigni internazionali, di Ribolla, di annate con la botrite nobile, di trattori e cingolati, di caprette tibetane ne ha tre in azienda una quarta è morta perché malata, di controllo della qualità e maturazione delle uve: “mandare ad analizzare la propria uva in laboratorio è indice di insicurezza ed ansia da prestazione, ogni viticoltore dovrebbe essere certo per consapevolezza ed istinto di quel che è il grado di maturazione della sua uva semplicemente assaggiandola… nella serenità si può attendere l’ultimo giorno possibile per la vendemmia!”

Ragioniamo ancora di fasi lunari, d’attitudine agricola artigianale, d’approccio limpido in vigna e in cantina il meno invasivi che si possa: “perché il vino si è fatto per millenni così nella maniera giusta, la Tecnica è un bene solo se a supporto non a sopruso della materia prima, – l’uva cioè -, che deve arrivare a vendemmia il piu sana, croccante e perfetta possibile prima di poter essere portata in cantina.” GinkgoBirdsmPasseggiando e conversando, saranno passate così un paio d’orette, in un campo che dirada verso i boschi immerso in una marea d’erba lunare Joško chiama a raccolta il suo cavallo Saška e Saška dal fondo del campo nitrisce e corre in su elegantissimo verso di noi, il manto rilucente di rugiada notturna. Lo riprendiamo con noi assieme ai due cani che erano già fin dall’inizio in nostra compagnia per rientrare verso casa.

Fermi davanti a un albero con una potatura a pergola da farmi pensare a certi splendidi giardini Zen intravisti in Giappone, Joško accanto al suo Saška mentre gli strofina amorevolmente il dorso mi fa: “Sai che cosa è? Ne ho piantati due di questi alberi qui tra le vigne. È un Ginkgo Biloba, una pianta antichissima e resistente che è sopravvissuta all’estinzione dei dinosauri e alla bomba di Hiroshima.”6d8c244c078fd615b0b4f8e1cfeada7e

Date queste premesse in cui a rischio d’autoreferenzialità mi sono permesso di raccontare l’emozionante lezione di vita, di etica ambientale e di botanica che ho ricevuto ad Oslavia una sera fredda e ventosa di metà Marzo, ecco che assieme ad Alberto e Nanni dell’agenzia di comunicazione Cultivar ci siamo riproposti di portare Joško Gravner giù a Roma ad una cena da Per Me Giulio Terrinoni con un’approfondita verticale della sua Ribolla in assaggio.

13087653_1335038353179567_5717161653021050351_nIn questa serata romana d’incontro tra Joško Gravner, Giulio Terrinoni e la ventina di fortunati che sarebbero riusciti a prenotarsi per tempo e ad affrontare il costo impegnativo della cena, l’intento impossibile ma prioritario che mi ero ripromesso era proprio quello di riuscire a portare in città almeno un frammento campestre e densamente magico di quella mia notte d’iniziazione con Joško nella sua vigna-giardino.apcCerto non è mai facile in queste degustazioni dove ci si ritrova fondamentalmente racchiusi con estranei in una stessa sala a condividere un’esperienza conoscitiva che presuppone intimità, confidenza e misurato tono di voce, è proprio questa la barriera psicologica più aspra da abbattere, il ghiaccio più duro da spaccare. Nel caso di Joško poi a maggior ragione, pesce fuor d’acqua quanto mai e soprattutto fuori dai suoi usuali scarponi di campagna da dove l’abbiamo sradicato per catapultarlo in una dimensione di cena urbana tra sconosciuti.

Ritengo tuttavia che alla fine l’esperienza unica di penetrare a fondo i segreti più riposti della Ribolla Gialla assieme al suo interprete più geniale Joško Gravner sia abbastanza ben riuscita e Joško stesso senza troppe forzature espressive, perplessità o formalismi ha avuto agio, spazio e modo di raccontare se stesso, l’ecosistema delicato del suo cosmo vitivinicolo, l’Oslavia e la propria vigna-giardino.

13166073_1790110941217131_7275055176474060602_nCon la complicità di Giulio Bruni, Fabrizio Picano e Flaminia Francia in sala assieme agli amici Jacopo Cossater e Federico de Cesare Viola ad incoraggiare le pulsioni della conversazione domestica sul vino, le annate, il cibo, il suolo, il terroir in compagnia di Joško, Mateja e il pubblico dei partecipanti accordati allo spirito di relazione della serata, il convivio ospitato nella casa-cucina di Giulio Terrinoni ha assunto man mano sempre più il giusto timbro atmosferico e l’umore uterino di una conversazione in famiglia tra noi, Lui, la sua Ribolla Gialla presentata in 7 annate diverse assieme ad altrettante portate fortemente pensate da Terrinoni per l’abbinamento ai vini su alimenti indicati dallo stesso Gravner e trasformati come per miracolo in cibi filosofali nelle mani controllatissime di Giulio, alchimista dei fornelli.

Questo è stato il menu della serata:

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  • 7 le portate degli alimenti/elementi
  • 7 le annate dei vini
  • 7 i colori dell’arcobaleno
  • 7 i colli di Roma
  • 7 il numero della completezza sacro al Gautama Buddha
  • 7 gl’anni per la rigenerazione delle cellule
  • 7 gl’anni per la maturazione della Ribolla Gialla

IMG_9869Il risotto di triglie, carciofi, animelle e mentuccia romana ad esempio ha quintessenzializzato il senso dell’intera serata con l’utilizzo di elementi/alimenti nobili ed eterei quali l’animella appunto armonizzata ai più umili e terrosi carciofo e triglia, il rimando ancestrale quasi proustiano direi alla memoria della mentuccia usata dalle nostre nonne, cogliendo così l’abbinamento forse più con/geniale con i vini di Joško che sono difatti una vera spremuta di nobile umiltà e rammemorazione presocratica generati tanto dalla Terra che dal Cielo che dall’Acqua, matrice di vita fluida.

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Verticale di Ribolla Gialla Gravner in abbinamento alla cucina del Per Me Giulio Terrinoni:

  • 1) Ribolla Gialla 2007 [Lunghi periodi asciutti e piogge discrete, uve sane e mature. 25 Settembre fine vendemmia]Speck di Ricciola, chutnay di pere, crescione di fiume, tradizionale di Modena
  • 2) Ribolla Gialla 2006 [Annata da manuale, uve belle e sane senza botrite. Vendemmia terminata il 14 Ottobre] – Tartelletta di cipolla fondente, Baccalà mantecato, erbe bruciate, tartufo
  • 3) Ribolla Gialla 2005 (Magnum) [Annata equilibrata. Le piogge autunnali hanno permesso lo sviluppo ottimale della botrite. 12 Ottobre fine vendemmia] – Ravioli di radici, crudo di Gambero rosso, mandorle, rafano
  • 4) Ribolla Gialla 2003 (Magnum) [Asciutta, poche piogge da Marzo a Dicembre, limitata quantità di uve prodotte. Fine vendemmia 26 Settembre] – Risotto, Triglie, carciofi Animelle, mentuccia romana
  • 5) Ribolla Gialla 2002 (Magnum) [Estate fredda e piovosa. Buona presenza di uve botritizzate. Vendemmia finita il 4 Ottobre] – Rombo al vapore, asparagi, salsa tartara, sambuco
  • 6) Ribolla Gialla 2001 (Magnum) [Estanze abbastanza piovosa che però ha risparmiato i vigneti. Fine vendemmia 2 Ottobre] – “Il Coniglio in vigna”
  • 7) Ribolla Gialla 1998 Riserva (Magnum) [Annata pre-anfora, intervallata da piogge, giornate asciutte e ventialate. Produzione di uve in parte botritizzate, la prima volta ad essere utilizzate in un vino di Gravner. Vendemmia termiata il 3 Ottobre.] – Cacio e pepe

13221612_971428039638412_8242815136073123550_nNon posso qui non ringraziare tutti quelli che hanno contribuito alla realizzazione di una cena a dir poco perfetta: ospitalità, controllo delle materie prime, servizio in sala, temperatura dei vini, tono familiare della conversazione a tavola, serena aria di convivialità tra i commensali, curiosa disposizione all’ascolto, sacrosanta sete di buon vino, semplicità e conoscenza. IMG_9884Il vino di Joško Gravner è un vino cosmico, è il respiro del mondo sotto-vetro, è uva al suo grado di maturazione perfetta, è poco-poco zolfo, è eternità di Tempo Opere e Pensiero spremuta dagl’acini d’oro finissimo racchiusi nel grembo della vigna-giardino e armonizzati al sistema solare materno. Dalle rocce calcaree alle stelle, posso ritenermi davvero strafelice d’aver innescato quest’alchimia filosofale tra Supremazie.. dal buon vino al buon cibo alla buona compagnia.13178985_971249079656308_6785448958203791555_nConcludo infine aggiungendo in rosso il commento di un “lettore social”, commento se vogliamo anche legittimo in senso amplio, ma un po’ troppo generico e superficiale nello specifico, a cui rispondo più sotto in verde.

Filosofia a parte con questi prezzi sarà difficile venire. Sicuramente ne varrà la pena ma non è proprio per persone normali. Le degustazioni dovrebbero essere “pubblicità” per attirare e allargare la cerchia dei clienti e non per restringerla. Ai fortunati che ci saranno chiedo almeno un resoconto dettagliato dei piatti.
La cena è al Per Me di Terrinoni un ristorante con uno spazio interno massimizzato per serate come questa ad una ventina di coperti per non stare uno sopra l’altro; per quanto uno voglia democratizzare i costi ed allargare la cerchia, lo spazio è comunque quel che è, non potevamo essere più di una ventina di partecipanti. Ancora vanno considerate poi tutte le spese connesse al lavoro sul cibo e sul vino che ci sono dietro, al servizio della sala, alla manutenzione continua e scrupolosa della qualità.. qualità nei fatti e non a chiacchiere. Concordo pienamente sul discorso della promozione per attirare e non per restringere ma già per questo credo ci siano oramai più Festival, Rassegne e Fiere del vino che vini stessi, a prezzi molto accessibili per assaggiare quel che più uno desidera! Io sono comunque  il “fortunato” che ha organizzato la serata e spero di essere all’altezza di “resocontare” al dettaglio i piatti e i vini per il beneficio di chi non ha potuto – per ovvie ragioni di limitazione delle disponibilità e per il costo importante della serata – permettersi questo gran privilegio. Un saluto. (gae saccoccio)13221501_10154061919229627_2519776313121417876_n

 

Azienda Agricola Roncús Pinot Bianco 2012

25 Gennaio 2016
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RoncúsRoncús a Capriva del Friuli (Collio). Sono stato una volta in visita da loro qualche anno fa. Terreno marnoso, colline e pianure di roccia accudiscono con orgoglio un piccolo vigneto di oltre 100 anni (Vecchie Vigne) che è un museo a cielo aperto di Malvasia, Friulano e Ribolla Gialla, un patrimonio ecologico perfettamente integrato in una visione generale della biodiversità a fondamento della filosofia produttiva aziendale. Questo vino nello specifico è un distinto Pinot Bianco annata 2012 realizzato da una breve macerazione sulle bucce, lieviti indigeni, invecchiamento di 18 mesi “sur lie”. Molto chiare, esplicative il giusto e assai ben dettagliate le retro-etichette.

torta cavoli

Il vino è stato accompagnato da una focaccia rustica di cipolle molto più che sublime in abbinamento anche su un paio di piatti clamorosamente nobili nella loro gustosa povertà di elementi: involtini di verza e patate con uovo e formaggio cotti al forno e torta salata di broccolo romanesco e ricotta spolverata di nocciole di Vallerano, preparati sempre con la solita dedizione amorevole, impegno costante e studio delle materie prime dalle care Simonetta ed Elena di Casa Poggiobello a Farneta (Cortona) nei pressi di una misteriosa Abbazia che data attorno all’anno mille: valgono entrambi il viaggio!

verza