Corrado Cagli e il sublime post-kantiano

30 Dicembre 2019
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O Critone, noi siamo debitori di un gallo ad Asclèpio: dateglielo e non ve ne dimenticate.

Platone, Fedone

Corrado Cagli e il sublime post-kantiano

Corrado Cagli. Folgorazioni e Mutazioni è il titolo della mostra che Palazzo Cipolla dedica al grande artista marchigiano a cura di Bruno Corà.

Una mostra davvero sublime ed emozionante in ragione della profondità del genio mutevole di Cagli (1910–1976) che il curatore ha concepito quale vivisezione delle varie fasi umane e creative dell’artista: Scuola Romana (1928 – 1938); la virata neometafisica durante il periodo vissuto a New York (1946 – 1947); gli studi sulla Quarta dimensione (1949); i Motivi cellulari (1949); le Impronte dirette e indirette (1950); le Metamorfosi (1957 – 1968); le Variazioni orfiche (1957); la serie delle Carte (1958 – 1963); le Mutazioni modulari sviluppate fino alla metà degli anni Settanta prima di morire nel 1976.IMG_9136

Un genio libero, ciclico, polifonico e multiforme quello di Cagli dall’ispirazione celeste per cui il disegno va letto tra le righe perché è “scrittura” ma va anche saputo ascoltare perché è “canto muto”. Mago dell’immagine precedente all’immaginazione, immerso senza sdoppiamenti tra figurazione e astrazione, attitudine o vocazione che qualcuno ha definito “schizofrenia stilistica” proprio per questa sua inquietudine creativa di fondo, questa urgenza innata di contaminarsi che lo spinge ad utilizzare varie tecniche (monotipo, ceramica, aerografo, sculture in ferro) e ambiti espressivi diversi (murales, arazzi, costumi, “pittura teatrale” non scenografia come ci teneva a puntualizzare anche lui).

Nella prima sala della mostra simbolicamente al centro, troviamo i bozzetti architettonici della Fontana dello Zodiaco di Terni come a rivelare la costellazione anamorfica della visione astrale di Cagli, così vengono alla mente le figurazioni primordiali – primordio è un termine assai caro a Cagli – e viscerali emergono alla memoria le simbologie stregonesche e pre-scientifiche dei Tarocchi, La magia del linguaggio: i tarocchi di Corrado Cagli e Charles Olson.IMG_9207

Le sale sono quelle massoniche del Palazzo Cipolla, sede della Cassa di Risparmio di Roma fondata nel 1836. Sale essenzialmente desolate, pochi ma si presume buoni avventori in rispettoso silenzio a transitare meditabondi, fissi sugli enigmi visivi del Maestro. Eppure fuori su via del Corso illuminata a festa è un tripudio d’umanità febbricitante per le frenesie natalizie, i pacchi regalo, i cenoni di fine anno. Un flusso inarrestabile di marmaglie rumorose sui marciapiedi, indaffarate fuori e dentro i negozi, uomini o donne miei simili a cui il nome di Corrado Cagli probabilmente non suggerisce il benché minimo ricordo, stimolo intellettuale o rigurgito di curiosità.
Per arrivare su via del Corso ho attraversato inavvertitamente Fontana di Trevi accalcata all’inverosimile di un’umanità intenta a lanciare monetine nel fontanone, a farsi i selfie, che quasi ho dovuto sgomitare, scalciare con foga per ritrovare un piccolo varco ad essa, un angoscioso spiraglio di fuga da essa.
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Intanto andavo rimuginando riflessioni post-kantiane sulla via meno affollata per arrivare alla mostra che attendevo di visitare con gioia fanciullesca già da un po’ di settimane.
Nella Critica del Giudizio il “sublime dinamico” è l’espressione della potenza annientatrice della natura, di fronte alla quale l’uomo prende coscienza del proprio limite. A questo si affianca il “sublime matematico” che scaturisce dalla contemplazione della natura immobile e fuori dal tempo. Le mie elucubrazioni, man mano che procedevo a fatica controcorrente nella fiumana dei turisti ammassati, andavano anche loro controcorrente rispetto all’ammaestramento kantiano.
All’origine del turismo massificato c’è un disprezzo e un’indifferenza assoluti nei confronti della natura, della bellezza e del “creato” come ci si esprimeva da chierichetti.
Nel giro di boa di qualche secolo però, è avvenuto una specie di ribaltamento totale del “sublime dinamico” di cui parla Kant, ora è la scala umana cioè ad essere smisurata e immane, avendo ormai matematizzato anche gli anfratti più neri del cielo e dell’anima, quindi ora l’uomo è capace di minacciare terribilmente la piccolezza, la miseria, l’impotenza della natura stessa.
36CCE5AB-7F7B-4B2E-B839-105CBA51A47ACorrado Cagli è un “artista copernicano” come ebbe a definirlo Carlo Ludovico Ragghianti. Un visionario combattuto tra molteplicità e irrequietezza, pensiero speculativo e applicazione manuale. Nella seconda sala si rimane stupefatti ad osservare le ceramiche dipinte da lui, ad ammirare ammaliati l’applicazione del suo genio artistico d’impronta dionisiaca su materiali ben diversi dai fogli e dalle tele. Lo si vedrà poi anche nella collaborazione con Scassa di Asti “ancora più perfetto dell’arazziere Lurçat” per la fattura di arazzi moderni giganteschi che andranno a decorare navi crociera di lusso come la Leonardo Da Vinci.IMG_9118
Già a 18 anni Cagli intraprende una collaborazione con la fabbrica di ceramiche Rometti d’Umbertide fino a diventarne direttore artistico a soli 20 anni, per poi ritornare in fretta e furia a Roma a causa di avvelenamento da piombo presente nella lavorazione dei colori. Anche in età avanzata, il periodo delle Carte bidimensionali, da un documento video molto interessante datato 1959 intitolato Immagine e Materia. La nuova pittura di Cagli, regia di Corrado Malteseosserviamo l’utilizzo disinvolto dell’aerografo senza mascherina protettiva o nessuna particolare ansia da intossicazione.
Enigma del Gallo, Il Pescatore e la Luna, Il Cranio e la Candela, Tripudio, Cicute, Inferi, Tornasole, Pale, Buglione, Babel, La Nascita, Minotauro, Il Neofita… questi i titoli orfici di alcune delle duecento opere presenti in questa stupefacente mostra romana
Disegnare vuol dire capire e giudicareCorrado Cagli
Questo è il credo profondo incarnato da Cagli nelle sue opere figurative o astratte, oltretutto l’arte per sua stessa ammissione, prima ancora di essere un “fatto estetico” è un “fatto morale”. Dai disegni dedicati a nessuno perché troppo tragici del campo di concentramento di Buchenwald dopo la resa dei nazisti (1945); al tratto civile e severo della gente del popolo all’indomani della strage di Portella della Ginestra (1947); o il dramma degli sfollati durante gli straripamenti del Po nell’esondazione del Polesine (1951); fino al Diogene con la sua lanterna, intrappolati nel labirinto d’angoscia geometrica intricata di forme e di linee decomposte (in mostra Diogene è sia dipinto che disegnato che deostruito in una scultura di pezzi d’acciaio.)AB19E4FF-6F68-45A2-9761-2FC758C68308
L’artista nell’avventuroso soggiorno americano entra in contatto con il matematico Paul Samuel Donchian che lo inizia ai misteri della geometria proiettiva e non-eucliedea. Perciò rielabora la “surrealtà” di De Chirico impostando quadri di gusto neometafisico, magnetizzando come uno sciamano della rappresentazione per immagini, il principio di compenetrazione degli spazi. Le prospettive disegnate non bastano più, era già un conatus inconscio in Cezanne; si avverte l’urgenza di trapassare le pareti. Si tagliano e si sfondano i quadri (Burri, Fontana, Scheggi, Castellani), così da rendere lo stesso supporto secondario del quadro – tela, cornice – il vero e proprio soggetto privilegiato medesimo dell’espressione artistica che diviene linguaggio prima del linguaggio, coscienza prima della coscienza, arte prima dell’arte.
Ripensiamo a Gillo Dorfles quando nella Prefazione a Arte e percezione visiva di Rudolf Arnheim (1962), scriveva:

“(…) l’efficacia ottenuta da De Chirico in taluni suoi dipinti metafisici per il fatto di aver usato contemporaneamente, contaminandoli tra di loro, i due principi della prospettiva centrale e di quella isometrica, così da ottenere quell’effetto di assurdità delle immagini, caratteristico di molti dipinti surrealisti.”

Corrado Cagli con le sue Carte bidimensionali metamorfizza un’infinità di piani, forme, figure, enigmi, allucinazioni, creature, visioni, stratificandoli a partire dalla carta iniziale, dal foglio-supporto originario che si mostra quale pareidolia o “fantasia pre-linguistica” direbbe il Giorgio Colli della Filosofia dell’Espressione, sovrapponendo universi paralleli illusori e proprio perciò reali. Cagli amava molto l’Elogio della Pazzia di Erasmo da Rotterdam tanto che ne ha tratto delle bellissime, giocose e folli illustrazioni che ritroviamo esposte verso la fine del percorso espositivo. Sono disegni arcigni in chiave sarcastica esattamente nello spirito umanistico, nell’afflato libertario del libro di Erasmo che è stato illustrato anche dal supremo Hans Holbein. 

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La pazzia costruisce città, imperi, istituzioni ecclesiastiche, religioni, assemblee consultive e legislative: l’intera vita umana è solo un gioco, il semplice gioco della Follia.” Erasmo da Rotterdam

Visitare questa mostra eccezionale dedicata a Corrado Cagli è stato per me un festa dell’anima, un tripudio d’intelligenza visiva, ironia grafica, genio creativo, manualità artigianale, curiosità scientifica e conoscenza umanistica a tutto campo. La felicità dei sensi espansi, la magia dell’apertura mentale di quando l’Arte è Poesia e la Poesia è Arte. Mentre oggi ahimè tutto attorno impera la CCSS (Cacca di Cane Seccata al Sole) ma la chiamano arte, cultura, bellezza, letteratura… quando sono soltanto scemenze omologate da figli di papà, provocazioni intestinali da bambinoni raccomandati cresciuti male, performances idiote derelitte, stronzatelle pseudo-artistiche con l’approvazione adulatoria (leggi leccaculo) di accademie, fondazioni, musei decrepiti, applaudite dalle ammucchiate amorfe dei soliti, troppi rincoglioniti acefali paganti.IMG_9185

Il panno rosso a forma di festoso punto interrogativo nel dipinto a olio su tavola intitolato La Tromba e il Calice già nel 1935 presagisce un futuro amaro giunto amarissimo come cicuta mortale fino a noi, fatto di squallore mercantile, servilismo intellettuale e morte civile dell’ironia. L’assassinio vigliacco dell’economia tritacarne alle spalle dell’intelligenza critica. È insomma un punto interrogativo rosso che squilla amareggiato come tromba nei nostri occhi in quanto “scrittura disegnata” ovvero “canto muto” funebre sulla nostra moribonda contemporaneità.

Dice bene allora il mio caro amico Stefano Marotta, a fustigare senza scampo gli scemetti del contemporaneo, che:

Quel gruppo di amici di Emilio Villa è il punto più alto delle arti visive degli ultimi 50/80 anni nel mondo, Da Burri a Nuvolo, da Capogrossi a Afro, da Fontana a Mirko, da Turcato a Marotta, da Tano Festa a Cesare Tacchi, da Cy Twombly a Aldo Natili a… a…

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Anche se probabilmente gli scemetti del contemporaneo sono solo un prodotto tipico connaturato ad ogni attualità, mentre la constatazione più amareggiata di tutte resta quella che ci fa avvertire questo nostro XXI secolo quale epoca della civiltà dell’immondizia incontrollabile, piaga contaminante della futilità spirituale e della falsificazione d’ogni cosa, evento o persona filtrati attraverso il medium della Pubblicità, Magia Nera del Capitale.

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“Ecco il quadro che ad ogni casa ad ogni ambiente da’ un’impronta di buon gusto, di personalità. Ecco il brandy che in una cornice di eleganza dona ad ogni ambiente ad ogni casa la propria personalità. In tutte le occasioni un Senior brandy Fabbri. Al bar, in casa ovunque Senior Fabbri. Senior Fabbri, il brandy invecchiato nel tempo!”